Dei disegni

I disegni. Disegni su supporti di carta, cosa c’è di più comune e semplice? Certo, bisogna parlare del colore. Ma poco o quasi nessun colore… Un disegno limitato alle matite nere, a un pigmento nero diluito in olio di papavero come semplice legante, a un po’ di pittura bianca e, a volte, un po’ di colore.

E ci sono anche le opere tridimensionali e le installazioni. Si tratta innanzitutto di elementi creati per avvicinarsi, dialogare tra loro secondo il posizionamento nello spazio. I materiali ricorrenti sono il piombo, il carbone, la cera, la luce, la carta.

Come parti di un grande insieme, il loro utilizzo acquisisce senso solo quando sono « orientati » – installati – gli uni rispetto agli altri, come avviene già, più o meno, all’interno dell’atelier.

Voici la traduction en italien :

È questo dialogo che realmente dà forma all’opera, attraverso il suo assemblaggio nello spazio e anche la sua non persistenza nel tempo. Bisogna vedere tutto ciò come un gioco, in cui si tratta di trasportare e ricostruire, per un certo periodo e in uno spazio determinato, una parte dell’atelier. E poi di tutto smantellare per rimettere ogni elemento nel bozzolo dell’atelier.

Anche i lavori su carta sono costruiti attraverso la messa in relazione di « forme ». A volte sarei tentato di parlare di scritture o segni, ma in quale lingua allora? Ed è proprio qui che si trova una parte dell’enigma.

Ma non bisogna andare troppo in fretta, il cammino potrebbe essere ancora lungo… I disegni, come le installazioni, il tratto comune è proprio questi assemblaggi e la messa in opera di forme, di tratti di matita e di alcune campiture di colori nero-bruni oleosi, così come di elementi di cera, costruzioni in metallo o piombo, o ancora di carbone e di supporti in vetro.

Che si tratti di disegni o di costruzioni accumulate, è il richiamo dell’uno all’altro che crea tutto il gioco.

A volte – c’è il sentimento di essere un tipografo che compone un testo attingendo a scatole piene di forme, ma senza conoscere la fine della storia e sicuramente senza cercare di conoscerla.

Oppure semplicemente, per usare un’immagine di Jorge Luis Borges, il custode di una biblioteca infinita, perfettamente organizzata e ordinata, ma secondo un ordine che mi è sconosciuto, e dalla quale attingo un volume, poi un altro che rimanda a un altro ancora, e così via nel corso del tempo.

A volte l’uso di questi elementi è sistematico, forme e « oggetti » a cui ricorro in modo ricorrente, come si fa con vecchi amici. Senza disagio e senza esitazione, mi sono fedeli. Altri navigano a piacimento, indispensabili e necessari per un periodo e convinti che aprano la strada… e poi scompaiono dagli scaffali della biblioteca per alcuni giorni, alcuni mesi o alcuni anni.

Bisogna allora giocare all’alchimista codificando, attraverso le forme, attraverso le sovrapposizioni e le trasparenze, tanti legami tra gli elementi tracciati sul foglio o posizionati nello spazio, giocando con la povertà dei mezzi utilizzati.

E così continuare questa disposizione nei volumi e nelle installazioni completando e opponendo forme e materiali: la luce elettrica come rivelazione di un mondo, la cera e il piombo come complemento grazie alla loro plasticità e apertura al pentimento, il carbone di legna come fragilità dell’essere, per citare solo alcune possibilità lasciate all’immaginazione.

Alain Quesnel – 2023