La malinconia di Icaro

L’ala è immobile. Nessun battito, nessun suono, nessun soffio impercettibile manifesta la presenza degli angeli annunciati. Del resto, l’angelo ha lasciato la scena depositando solo, come un segno, le sue ali.

Non perdere. Il segno colto al volo dallo stampo persiste e si ripete. Attributi diafani, le membrane di cera proliferano e si aprono sotto la luce in uno strano gabinetto di curiosità, per lo più in barattoli. L’acqua ha sostituito l’aria – a volte – che evapora schernendo l’ala morta. Aleggia l’ombra del formaldeide. Conservare a ogni costo. Appollaiate sui loro scaffali di metallo, in attesa, si offrono allo sguardo dell’entomologo, a meno che non sia quello del medico legale o dell’artista, nostalgico… In tutti i loro stati, in tutte le loro prove. Bruciate, giacciono sulle loro steli annerite, sacralizzate nelle loro ferite. Cadono! Una fascia le trattiene, così fragile… Hanno mai tentato di volare ? Penombra. Le lampade, così eleganti nella loro curva discendente, hanno sostituito il sole radiante. In perdita di favore, l’indice indicatore ha perso ogni uso…

Cosa ci rivela l’ala vista da vicino, in realtà ?

Lasciate nel reparto degli accessori, vietate all’uso, non servono più al movimento dello spirito che un tempo indicava, designava, annunciava, orientava, lottava, trafiggeva. All’ideale dell’altezza, l’ebrezza del volo, Icaro si è smarrito. Hanno perso il loro senso. L’angelo ha un’ala di piombo: lo testimonia la matrice emblematica, sospinta in aria, issata verso lo zenit e pesante sulla sua asta di rame. A terra, stipate in una cassa, altre aspettano il cambio. Rialzarsi. Abbandonare l’orizzontalità. Ritrovare il proprio asse e la memoria dell’uso. E non perdere più il nord. Certo, la bussola è rotta, rimane l’ago nella sua maestà oblonga sul suo cavalletto di ferro. E la custodia protettiva a qualche passo da lì; e gli altri elementi che, per contiguità, dialogano, persino nelle loro contraddizioni. Il filo non è spezzato. Circola da un luogo all’altro, da un’ala all’altra. Disegna e rivela le correnti dell’energia. Plurali, irrigano le reti che strutturano l’opera. Che assume, di conseguenza, l’aspetto di un laboratorio dove tutte le trasformazioni diventano possibili, dove tutti i flussi di coscienza si risvegliano. Conoscere. Comprendere. L’atelier si mette a vibrare. Impercettibilmente.

L’angelo ha perso le ali, la bussola il suo ago, l’ago la sua custodia. Tutto è pronto per ripartire. Come l’arabesco del filatterio, lo scambio è ristabilito. La grande opera può compiersi. Incandescenza ?

Nel suo barattolo, diffidente, l’ala trema…

Marie-Luce Thomas – 1998

Exposition Alain Quesnel – Chapelle des Lazaristes – Tours – 1998